"Diciamolo francamente: non ci sono esigenze sociali tali da giustificare una legge sulle coppie di fatto. Nel caso delle coppie di fatto ho la netta impressione che ci siano esclusivamente esigenze di legittimazione simbolica e nessuna esigenza sociale reale e concreta da tutelare. Se non esigenze così marginali e limitate."
Francesco D'Agostino, ordinario di Filosofia del diritto all'Università di Tor Vergata e presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica.
NON CI SONO ESIGENZE SOCIALI. Ecco alcune di quelle storie, che il signor D'Agostino ritiene marginali.
Federica e Francesco Filipponi
Francesco è morto. È morto il 21 maggio del 2004, investito da un pirata della strada che guidava in stato di ebbrezza e non ha rispettato la precedenza. È morto sul colpo, contro un palo della luce, a 38 anni, mentre stava recandosi al lavoro. Da anni viveva con Francesca, si amavano, ma non si erano sposati. L'avrebbero fatto, di lì a pochi mesi, ma la morte è arrivata prima, senza preavviso. Nel 2001 comprarono una casa insieme, Francesco accese il mutuo e una assicurazione al mutuo. Quando è morto il mutuo è stato bloccato e pagato dall'assicurazione, così la casa è passata agli eredi. Cioè: il padre di Francesco, la madre e la sorella. Federica no. Capita così che la famiglia di lui inizia a chiedere la casa, la giovane donna la deve liberare, se ne deve andare, oppure deve sborsare 350 milioni delle vecchie lire, perché i genitori di Francesco l'hanno fatta valutare e le fanno il piacere di «abbonargliene» 50, altrimenti sarebbero 400. Il 14 luglio 2004, a 57 giorni dalla morte del suo compagno Federica riceve la prima comunicazione scritta, «le chiediamo di lasciare l'immobile che sta occupando senza titolo». Le comunicazioni si susseguono l'una all'altra: non c'è alcuna legge che tuteli Federica, malgrado i dieci anni di convivenza, la residenza nella casa acquistata con il suo compagno. Non è una vedova. Per la legge non è nulla.
Lorenzo e Luca
Racconta Lorenzo: «Una mattina come tante Luca è uscito con la sua auto per andare in ufficio. Mentre si trovava sulla tangenziale di Milano, un camion ha saltato la corsia e lo ha preso in pieno. Da quel momento la nostra vita è cambiata. Fu portato all'ospedale in stato di incoscienza e ovviamente furono avvertiti il fratello e la madre. Io ero in redazione (faccio il giornalista) e non ho saputo niente fino alla sera, quando un comune amico mi avvertì. Da quel momento è iniziato per me un calvario doppio: oltre alla preoccupazione per le sue condizioni di salute, dovevo preoccuparmi pure dei suoi parenti che volevano tenermi lontano. Non solo non mi hanno permesso di assisterlo, ma mi hanno impedito perfino di entrare un attimo nella sala di rianimazione per stringergli la mano. Mi hanno totalmente escluso. Per 8 giorni Luca è rimasto in coma e io non ho potuto vederlo, parlare con i medici, poter decidere a quale cura sottoporlo. Diciamo che io e un qualunque passante in quel momento avevamo gli stessi diritti».
Adele Parrillo e Stefano Rolla
Stefano Rolla, regista, è morto a Nassiriya, mentre girava il cortometraggio «Guerrieri di pace, Babilonia tra due fiumi». È morto insieme ai carabinieri italiani saltati in aria dopo che un camion bomba era entrato nella caserma. Adele Parrillo, la sua compagna, non è stata invitata neanche alla commemorazione delle vittime un anno dopo quella strage. «Eccomi qui, dopo un anno dalla morte del mio compagno sono un fantasma». Ha dovuto scrivere al ministro della Difesa e a quello dell'Interno chiedendo di essere inserita nell'elenco dei familiari delle vittime e di avere accesso allo stesso trattamento delle vedove «perché io non ero un'estranea per Stefano. Non ero una sua amica, una sua collega. Ero la donna con la quale viveva, con la quale aveva sperato di riuscire ad avere un figlio». Il giorno della commemorazione ha consegnato nelle mani del presidente della Camera Pierferdinando Casini, «l'atto notorio di conviventi more uxorio». Adele ha raccontato: «Dopo l'attentato di Nassiriya i familiari delle vittime sono stati seguiti e assistiti con programmi di assistenza psicologica, dai quali sono stata esclusa. Non ho ricevuto neanche il risarcimento, che è stato corrisposto a tutti i familiari, compresi i figli di Stefano Rolla».
Marisa e Renata
Marisa e Renata si incontrano a Modena in una fabbrica di ceramica dove lavorano. E si innamorano. Comprano una casa e aprono un allevamento di polli. Gestiscono insieme, con il passare degli anni, una pizzeria, un bar, una rosticceria. Trascorrono 30 anni. Una sera di dieci anni fa restano coinvolte in un incidente stradale. Finiscono entrambe in ospedale: Marisa si salva, Renata finisce in terapia intensiva, può ricevere visite limitate e solo una persona per volta. Marisa chiede di vederla, permesso negato. Solo i parenti. Renata ha un fratello che vive a Philadelphia. Che non viene mai a trovarla. Nessuno viene a trovarla. In sette mesi Marisa riesce a vedere la sua compagna soltanto sette volte. Renata muore sola, il fratello torna e reclama l'eredità. Marisa è costretta a «ricomprarsi» metà della casa e della rosticceria.
Facciamo con calma per i diritti alle coppie di fatto, tanto non è una cosa urgente. Sono solo storie marginali di uomini e donne che soffrono. Che bisogno c'è di aiutarle?
Francesco D'Agostino, ordinario di Filosofia del diritto all'Università di Tor Vergata e presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica.
NON CI SONO ESIGENZE SOCIALI. Ecco alcune di quelle storie, che il signor D'Agostino ritiene marginali.
Federica e Francesco Filipponi
Francesco è morto. È morto il 21 maggio del 2004, investito da un pirata della strada che guidava in stato di ebbrezza e non ha rispettato la precedenza. È morto sul colpo, contro un palo della luce, a 38 anni, mentre stava recandosi al lavoro. Da anni viveva con Francesca, si amavano, ma non si erano sposati. L'avrebbero fatto, di lì a pochi mesi, ma la morte è arrivata prima, senza preavviso. Nel 2001 comprarono una casa insieme, Francesco accese il mutuo e una assicurazione al mutuo. Quando è morto il mutuo è stato bloccato e pagato dall'assicurazione, così la casa è passata agli eredi. Cioè: il padre di Francesco, la madre e la sorella. Federica no. Capita così che la famiglia di lui inizia a chiedere la casa, la giovane donna la deve liberare, se ne deve andare, oppure deve sborsare 350 milioni delle vecchie lire, perché i genitori di Francesco l'hanno fatta valutare e le fanno il piacere di «abbonargliene» 50, altrimenti sarebbero 400. Il 14 luglio 2004, a 57 giorni dalla morte del suo compagno Federica riceve la prima comunicazione scritta, «le chiediamo di lasciare l'immobile che sta occupando senza titolo». Le comunicazioni si susseguono l'una all'altra: non c'è alcuna legge che tuteli Federica, malgrado i dieci anni di convivenza, la residenza nella casa acquistata con il suo compagno. Non è una vedova. Per la legge non è nulla.
Lorenzo e Luca
Racconta Lorenzo: «Una mattina come tante Luca è uscito con la sua auto per andare in ufficio. Mentre si trovava sulla tangenziale di Milano, un camion ha saltato la corsia e lo ha preso in pieno. Da quel momento la nostra vita è cambiata. Fu portato all'ospedale in stato di incoscienza e ovviamente furono avvertiti il fratello e la madre. Io ero in redazione (faccio il giornalista) e non ho saputo niente fino alla sera, quando un comune amico mi avvertì. Da quel momento è iniziato per me un calvario doppio: oltre alla preoccupazione per le sue condizioni di salute, dovevo preoccuparmi pure dei suoi parenti che volevano tenermi lontano. Non solo non mi hanno permesso di assisterlo, ma mi hanno impedito perfino di entrare un attimo nella sala di rianimazione per stringergli la mano. Mi hanno totalmente escluso. Per 8 giorni Luca è rimasto in coma e io non ho potuto vederlo, parlare con i medici, poter decidere a quale cura sottoporlo. Diciamo che io e un qualunque passante in quel momento avevamo gli stessi diritti».
Adele Parrillo e Stefano Rolla
Stefano Rolla, regista, è morto a Nassiriya, mentre girava il cortometraggio «Guerrieri di pace, Babilonia tra due fiumi». È morto insieme ai carabinieri italiani saltati in aria dopo che un camion bomba era entrato nella caserma. Adele Parrillo, la sua compagna, non è stata invitata neanche alla commemorazione delle vittime un anno dopo quella strage. «Eccomi qui, dopo un anno dalla morte del mio compagno sono un fantasma». Ha dovuto scrivere al ministro della Difesa e a quello dell'Interno chiedendo di essere inserita nell'elenco dei familiari delle vittime e di avere accesso allo stesso trattamento delle vedove «perché io non ero un'estranea per Stefano. Non ero una sua amica, una sua collega. Ero la donna con la quale viveva, con la quale aveva sperato di riuscire ad avere un figlio». Il giorno della commemorazione ha consegnato nelle mani del presidente della Camera Pierferdinando Casini, «l'atto notorio di conviventi more uxorio». Adele ha raccontato: «Dopo l'attentato di Nassiriya i familiari delle vittime sono stati seguiti e assistiti con programmi di assistenza psicologica, dai quali sono stata esclusa. Non ho ricevuto neanche il risarcimento, che è stato corrisposto a tutti i familiari, compresi i figli di Stefano Rolla».
Marisa e Renata
Marisa e Renata si incontrano a Modena in una fabbrica di ceramica dove lavorano. E si innamorano. Comprano una casa e aprono un allevamento di polli. Gestiscono insieme, con il passare degli anni, una pizzeria, un bar, una rosticceria. Trascorrono 30 anni. Una sera di dieci anni fa restano coinvolte in un incidente stradale. Finiscono entrambe in ospedale: Marisa si salva, Renata finisce in terapia intensiva, può ricevere visite limitate e solo una persona per volta. Marisa chiede di vederla, permesso negato. Solo i parenti. Renata ha un fratello che vive a Philadelphia. Che non viene mai a trovarla. Nessuno viene a trovarla. In sette mesi Marisa riesce a vedere la sua compagna soltanto sette volte. Renata muore sola, il fratello torna e reclama l'eredità. Marisa è costretta a «ricomprarsi» metà della casa e della rosticceria.
Facciamo con calma per i diritti alle coppie di fatto, tanto non è una cosa urgente. Sono solo storie marginali di uomini e donne che soffrono. Che bisogno c'è di aiutarle?




