sabato 2 febbraio 2008

La 194 non si tocca.

La legge 194 sulla regolazione dell'interruzione di gravidanza è una legge giusta e sacrosanta, che non deve essere toccata.
I motivi sono molteplici.
Il proibizionismo non è mai una soluzione giusta e vantaggiosa. Vietare a tutti, indipendentemente dalla storia che ogni individuo si porta dietro, di fare qualcosa è sempre dannoso e non farebbe altro che costringere tale individuo a ricorrere a strade alternative per riuscire nel proprio scopo.
Chi vorrebbe eliminare tale legge crede di poter eliminare automaticamente anche la pratica dell'aborto. E' solo una utopia. L'aborto è sempre esistito e sempre esisterà, la 194 è lì solamente per regolarizzare tale scelta e aiutare le donne, che per vari motivi decidono di ricorrere all'aborto, ad avere assistenza, conforto, persone con cui parlare e con cui, eventualmente, decidere di partorire. Sopprimere la 194 non porterà a una diminuzione del numero di aborti ma costringerà le donne a ricorrere ad aborti clandestini, in segreto, magari con forti rischi per la propria incolumità e incrementando un mercato illegale, che proprio grazie a questa legge è stato fortemente ridimensionato.
Ogni persona è diversa. Ogni uomo ha una propria storia, vive una vita che non è la stessa del resto dell'umanità. Creare una legge che vieti od oblighi tutte le persone a fare (o non fare) qualcosa strettamente legato alla propria vita è sbagliato e immorale. Ogni persona deve avere la libertà di scegliere che cosa è meglio per la propria vita e per quella del figlio che sta aspettando. Perchè se è vero che abortire è una pratica estremamente dolorosa, a volte è necessaria anche per non costringere il figlio a dover vivere in una condizione di vita estremamente complessa per lui. A volte, partorire diventa un gesto di egoismo.


Estratto da "L'Espresso" del 17 Gennaio 2008 di Daniela Minerva

"Era il peggiore momento della mia vita: mi muovevo tra tre città, mio padre aveva appena avuto un infarto, avevo appena cambiato compagno, avevo persino qualche guaio giudiziario. E 21 anni." E, nella confusione, si sbagliano anche i test: così il primo risulta negativo e lei pensa a un ritardo. Poi il secondo: positivo. Il tempo stringe. Corre a fare l'ecografia, ormai verso la decima settimana, e l'ecografista le mostra il cuore, spiega dove sono gli organi. "Non te lo dimentichi più, continui a rimuginare su quella foto. Oggi avrebbe sei anni: chissà come sarebbe?" Può capitare, all'improvviso nel peggiore momento possibile: disorientamento, paura, i genitori, anziani, contrari all'aborto, il compagno, troppo giovane, che non ne vuole sapere. Con un peso sul cuore che non puoi sopportare, a 21 anni. Sei talmente piccola a quell'età a trovarti in guaio senza sapere perchè. Ma anche allora, alla ragazza con cui stiamo parlando, non sfuggiva che: "Mettere al mondo un bimbo in una situazione così complicata significa creargli sin da subito dei problemi." [...] E alla madre che, invece "Mi diceva che se lo avessi fatto, sarei stata una persona migliore. Ma si può fare un figlio per raddrizzare la propria vita? Non è una cosa orribile?"

Due figli, 38 anni: restare incinta, per la terza volta, dopo 13 anni di matrimonio, senza averlo programmato sembra impossibile. Non si può dare la colpa all'ingenuità, all'ignoranza. Però accade. Magari perchè, dopo 13 anni e con una vita senza fiato tra lavoro, scuole, doposcuole, pediatri e palestre, tra ore nel traffico e cene in compagnia del Tg, resta, per sentirsi vivi, solo lo spazio dell'intimità. Che, poi, non è più così intenso, ma ci manca solo di appesantirlo con interrogativi sul ciclo dell'ovulazione o la richiesta di un'altra barriera alla fusione di coppia. Sono passati cinque anni e la persona che ce lo racconta, comincia solo ora a ricostruire quello che lei definisce "la cosa più terribile che possa capitare a una donna": essere costretta a decidere che quel figlio che porta in sè, a differenza degli altri, non ha diritto di nascere. Sta scegliendo tra un figli oe l'altro, e lo fa perchè dentro di lei non c'è altro spazio, perchè deve salvaguardare sè e il benesseredei suoi figli; non imporre rinunce, malumori, turbamenti a cui lei non riuscirebbe a far fronte. E il dolore di quella scelta, ci dice oggi: "E' inaudito. Non finisce mai. Perchè ti sentirai per sempre una madre inadeguata, debole, incapace; e, in fondo, una madre assassina." [...] Ma non c'erano alternative, inutile discuterne. La mia vita era un inferno: lavoro, figli, famiglia e adesso si è anche ammalato mio suocero. Il tutto nel traffico di Roma. Non potevo avere un'altro bambino, non avrei retto. So che leggendo, magari qualche anima bella penserà che altre ce l'hanno fatta con tre, quattro figli. Buon per loro. Essere madre non è un sacrificio. E' una gioia. Se si scatena il demo ne del non posso, vuol dire che non devi.

Essere madre non è un sacrificio. E' una gioia. Se si scatena il demone del non posso, vuol dire che non devi.

31 anni e un progetto in testa: una famiglia. Infranto da un'ecografista molto bravob Bravo da vedere quello che i nostri occhi non vedono nel tracciato degli ultrasuoni: gli organi addominal idel bambino non sono racchiusi da nulla, sono duoi dal corpo. Panico. Questa condizione è spesso legata ad anomalie cromosomiche associate con deficit mentali. "Quel figlio l ovolevamo, ma non potevamo rischiare." E la diagnosi prenatale ha mostrato che il bimbo sarebbe stato handicappato grave pieno di problemi di salute. "Tutti quei discorsi su quanto è bello crescere una creatura così sfortuna sono discorsi sa salotto, chi li fa non sa cosa significhi o è una santa, magari benestante. La realtà è che sei solo, che non ci sono servizi, che i costi sono insostenibili."